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"Tutte passe, tutte ze scorde e tutte ze lasse."

  • Immagine del redattore: IL PAMPHLET
    IL PAMPHLET
  • 16 mag 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 18 giu 2019

Cronache di una Campobasso divisa.

di Michele Messere



Si sveglia una Campobasso diversa, ma manco tanto, all'indomani della visita di Matteo Salvini. Diversa, forse, ma sicuramente divisa. Divisa sì, ma moderatamente, nel pieno dello spirito distaccato, o meglio disincantato del campobassano medio.

E' però certamente una Campobasso che "resta agli atti", considerati gli innumerevoli organi di informazione nazionali che hanno riportato la notizia dei 200 manifesti anti-Salvini sventolanti sui balconi.

Un lavoro durato due giorni ed operato tramite Casa del Popolo e Uds, che hanno permesso la buona riuscita dell'iniziativa.

E poi la manifestazione in piazza municipio, corteo di protesta questo, che arrossirebbe di fronte a qualsiasi altra protesta negli altri comuni toccati dalla perenne campagna elettorale del Kapò, considerando i numeri: 200 i partecipanti secondo Casa del Popolo. Ma se è vero che 200 son pochi nel vasto contesto nazionale, è anche vero che son tantissimi se risolti ne quadro campobassano. Una Campobasso che difficilmente esprime direttamente dissenso, e che lo fa ancora più di rado se le condizioni metereologiche sono avverse. Tanto avverse da aver costretto gli stessi seguaci del Kapò a spostare la manifestazione al chiuso. E anche qui non sono mancate le complottistiche tesi di una lega che "graziata" dal maltempo è riuscita ad evitare le contestazioni popolari. Fantasticherie.


Mentre oggi i giornali locali analizzano gli avvenimenti, così come soltanto i nostri giornali sanno fare. Tanto che qualcuno arriva a scrivere, come soltanto un vero opinionista di canale 5 sa fare, che il sit-in di protesta non soltanto si è rivelato un flop, ma anche un covo di nostalgici che canticchiavano "anacronisticamente" 'Bella ciao'. "Anacronisticamente", questo anche se di anacronistico in quel canto non ci sia nulla, considerando quanti avvenimenti, ormai quotidiani, ci portino di fronte a pericolose reminiscenze, queste anacronistiche, della nostra storia passata.


"Tutte passe, tutte ze scorde e tutte ze lasse.", diceva un detto campobassano, e forse andrà così anche stavolta. Un detto che è per così dire leitmotiv immanente dello spirito tipicamente campobassano. Forse, o forse no. Ciò che ne resta infatti è una Campobasso divisa, sì, una Campobasso disorientata, anche, ma soprattutto una Campobasso che fa da capofila alle ultime vicende nazionali riguardanti la campagna elettorale di Matteo Salvini e le conseguenti contestazioni. E se la venuta del ministro ha creato un solco più profondo nella trincea, è anche vero che è la stessa venuta a destabilizzare ancora maggiormente il quadro politico e a rendere ancora più difficile qualunque pronostico sul prossimo sindaco del capoluogo.


Ma quindi cosa resta del 15 Maggio campobassano? Una certezza: se anche qui si è riusciti a costruire l'argine di protesta, è sicuramente vero che consenso e dissenso sulla figura del vice premier stanno crescendo in maniera direttamente proporzionale. Se cresce la militanza nella lega anche nel meridione, il meridione non si fa trovare impreparato e prova a rispondere, con i propri mezzi.

E dietro tutto questo complesso pantano, c'è la consapevolezza che la studiata teoria dei consensi cominci a zoppicare. Perché più di qualcuno è ora conscio del segreto: Matteo Salvini, che rivendica le sue battaglie in nome di una più superiore volontà popolare, siede in parlamento con un misero 17% e nonostante nei sondaggi sia ormai salito e si attesti a somma 35%, resta sempre espressione di meno della metà degli italiani. E sì, sono italiani, quelli, che fanno sentire prepotentemente le loro voci, ma restano sempre 1/3 del totale. E i restanti 2/3? I restanti 2/3 iniziano a svegliarsi e a farsi sentire. Anche a Campobasso.

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