Il mondo a testa in giù
- IL PAMPHLET
- 25 apr 2019
- Tempo di lettura: 4 min

Per quale ragione è una festa il 25 aprile in Italia? O il 14 luglio in Francia? O anche il 4 luglio in America?
Perché sono passaggi di storia fondamentali, sì. Sono impressi con un timbro indelebile in calce alle centinaia di migliaia di date che sono state fatte imparare a generazioni di studenti in tutto il mondo. Una data, nient'altro. O meglio un avvenimento ben preciso svoltosi in un istante ben fissato sulla retta temporale e dopodiché null’altro che una data, un ricordo.
Ma il 25 aprile in Italia, il 14 luglio in Francia e ancora il 4 luglio in America non sono soltanto avvenimenti da ricordare per cultura generale e a volte da sbandierare a seconda del proprio credo politico.
Perché 25, 4, 14 sono ben più di semplici numeri. E sono ben più anche di perentori moniti che la storia rigurgita a cadenza annuale. Sono anche più di una eredità, perché eredità è chiaro che date del genere lo siano.
In realtà infatti il 25 aprile, il 4 luglio, il 14 luglio sono noi stessi. Le nostre stesse vite esistono in virtù dell’esistenza sì di tutta la storia precedente, ma in particolar modo di queste date.
In Italia la nostra Repubblica nasce formalmente con l’entrata in vigore della Costituzione il 01 Gennaio 1948. Costituzione legittimata dal referendum plebiscitario del 02 Giugno del 1946. Referendum legittimato da un evento culminante del ventennio fascista: il 25 Aprile 1945.
Vedete, nel diritto, materia di miei studi, come anche nella storia, un chiodo fisso sono le “legittimazioni”, una cosa accade se legittima, una atto nasce se legittimato da altro atto precedente. La storia, come il diritto, è un susseguirsi di legittimazioni. Come se questa strana parola fosse un metronomo che batte il tempo. E nel corso della storia ogni ordinamento ed assetto di civiltà hanno avuto bisogno di legittimarsi ed essere legittimati.
La storia a questo punto si divide praticamente in due fette. C’è un prima e un dopo. Un prima rappresentato da tutti i sistemi monarchici ed autoritari che si sono susseguiti nel corso di due millenni, e un dopo. Il prima in cui i regimi monarchici fondavano la legittimazione sul volere divino, e il dopo in cui la legittimazione ha iniziato a non dover più trovare ratio in entità ultraterrene, perché promanante dal basso, dal volgo.
In Italia questo passaggio dal prima al dopo è avvenuto in un momento ben preciso, indovinate quale? Il 25 Aprile del 1945.
Sapete per quale ragione, ancora, il 25 Aprile è LA FESTA? perché non è stato soltanto, ancora, il momento in cui la storia ha invertito la logica di legittimazione. È LA FESTA anche e soprattutto perché è nata dalla ribellione di persone comuni. Non da una lotta tra fazioni ben delineate. Non dalla guerra fra Alleati e Nazi-Fascisti. Ma dalla ribellione di un popolo stanco di vivere senza la Libertà. Stanco di vivere in una gabbia. Da persone normali che ad un certo punto si sono guardate allo specchio e si sono dette “Da oggi BASTA”.
Un moto nazionale, autonomo, armato ma organizzato, per compiere l’atto che avrebbe portato non alla “concessione” della libertà, ma alla riconquista della Libertà. Un popolo intero che si riprende ciò che gli era stato tolto.
Un atto d’esasperazione, di rifiuto e di disprezzo contro il regime, un regime che era cancro.
L’Italia era fatta ma mancavano gli italiani, diceva Garibaldi 80 anni prima. Ecco, gli Italiani stavano nascendo da quel preciso atto, da quelle lucidissime parole, scandite con vigore da Sandro Pertini il 25 Aprile del 1945 a Milano.
Noi tutto questo oggi non possiamo sentirlo sulla nostra pelle, possiamo soltanto leggerlo sui libri. Sta poi alla nostra immaginazione cercare di comprendere quanto eroico fu quel 25 Aprile del 1945, quando Sandro Pertini esclama lo sciopero generale contro il regime fascista. Sta alla nostra sensibilità provare anche solo per un istante quel sentimento di ribellione che scorre nelle vene quando alternative non se ne hanno. Sta infine alle nostre coscienze celebrare la festa del 25 Aprile quale atto di rispetto ma soprattutto di dovere. Un dovere nei confronti di noi stessi, della nostra nazione e della nostra stessa civiltà, che trae legittimazione dal quella data e che attraverso quella data desume le energie per ardere e vivere.
Oggi, 25 Aprile è la nostra festa. La festa di tutti. La festa anche di chi di festa non vuole sentirne parlare. È anche la festa di chi oggi fa il gradasso, chi oggi fa lo spaccone. Anche di chi fa la voce grossa perché gli anni del ventennio fascista non soltanto non li ha vissuti, ma non li ha neanche studiati. Nonostante l’eccesso di “Hybris” incrementi i vocioni, coloro che non vogliono o non possono ricordare il 25 Aprile non sono che briciole nei confronti di una nazione intera che da 74 anni festeggia con spirito di dovere e di civiltà la presa della liberazione tanto attesa dall’essere umano. Oggi è anche la festa di chi per una cieca rabbia irrazionale vorrebbe vedere il mondo a testa in giù ma che invece rischia soltanto di finirci egli stesso con la testa all’ingiù.
Michele Messere
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