Te lo meriti Matteo Salvini
- IL PAMPHLET
- 1 lug 2019
- Tempo di lettura: 3 min
di Michele Messere

"Io non so chi Tu sia, e non voglio sapere se Tu sia Lui o soltanto una Sua apparenza, ma domani stesso io Ti condannerò e Ti farò ardere sul rogo, come il peggiore degli eretici, e quello stesso popolo che oggi baciava i Tuoi piedi si slancerà domani, a un mio cenno, ad attizzare il Tuo rogo, lo sai? Si, forse Tu lo sai”.
E' questo un celebre passaggio de "La leggenda del grande Inquisitore", un capitolo dei fratelli Karamazov di Fedor Doestoevskij. A parlare è un cardinale della chiesa cattolica ai tempi della Santa Inquisizione. Sapete a chi si rivolge il cardinale? A Cristo.
Siamo nel diciassettesimo secolo e lo scrittore russo immagina cosa accadrebbe se Cristo ri-tornasse in terra dopo milleseicento anni. Egli, Cristo, infatti avrebbe un destino poco dissimile da un qualunque altro eretico, il rogo.
Ma come, direste voi, Cristo torna in Terra e gli spetta il trattamento più meschino, messo in atto proprio dalla Chiesa che per milleseicento anni aveva tramandato il Suo messaggio? Sì. Verrebbe demonizzato, ridicolizzato, di nuovo, un'altra volta, perché risulterebbe scomoda la Sua presenza all'uomo, come scomoda lo è sempre stata.
Portatore di Bene in valore assoluto, un bene ineffabile ed infinito, che è Amore, come ci insegnano i testi sacri, ed un bene che però è incomprensibile ai "non eletti" alle persone normali che per il cardinale di questa storia sono gli esclusi dal messaggio divino. Una filosofia, quella che il cardinale espone a Cristo una volta messo in carcere, che è la filosofia perseguita dalla chiesa cattolica, nella consapevolezza di aver messo in atto una grande menzogna, disposta nel nome di Cristo superficialmente, ma profondamente discepola dello speculare di Cristo, Satana.
E' un Cristo scomodo al cardinale, alla chiesa e al mondo, perché megafono di un messaggio di Libertà che è nulla di più "seducente" e allo stesso tempo di più tormentoso per l'animo umano. Il communi hominum non cerca la libertà, ma anzi la ripugna, perché (gli uomini) "per quanto creati ribelli, essi sono certo degli schiavi.".
Nell'impossibilità di comprendere il messaggio divino, ben venga che l'uomo persegua la felicità terrena, continua il cardinale, una felicità in cui Cristo, con i suoi precetti, è oppressore e non Messia. Una felicità terrena che conduce inesorabilmente all'inferno, ma che è inevitabile per una massa che non può e non riesce a captare la lunghezza d'onda delle parabole del Signore.
Ecco la grandezza e la lucidità di una letteratura vera, quella di Doestoeskij, che analizza con un bisturi la coscienza umana come farebbe un chirurgo, e scandaglia pneumatologicamente lo spirito come farebbe uno shamano.
L'uomo cerca ordine, disciplina, sicurezza, cose che la libertà non dà. E se tornasse Cristo ben venga il rogo, perché risulterebbe sgradito, fuori contesto, sarebbe l'antitesi del cattolicesimo, che è ordine. Risulterebbe egli stesso l'Anticristo, in contrapposizione con l'armonia terrena perseguita dalla chiesa cattolica.
Ecco che la Letteratura, in questo senso, si fa maestra. Ci risulta, ora, più agibile comprendere quanto sia facile che il bene venga demonizzato. Secoli di cristianesimo ci hanno insegnato una cosa fra tutte: se avessimo seguito davvero il messaggio di Cristo per duemila anni, dovremmo ora ritrovarci quantomeno in un Heden terrestre, senza confini, senza barriere, senza retropensieri complottistici, senza gogne mediatiche. Ma invece, per nostra (s)fortuna siamo fallibili, e il nostro destino sarà sempre il "peccato". E se per caso, dunque, in questo astioso contesto, qualcuno andasse contro corrente, chessò, salvando vite in mare, risulterebbe scomodo ad una coscienza collettiva sporca, che è non soltanto vigliacca, nell'assumere un comportamento d'indifferenza di fronte al problema, ma è altresì una coscienza prepotente, che pretende l'uniformazione al pensiero unico per potersi auto-assolvere.
Si pensi a Carola Rackete, una ragazza dalla famiglia benestante che lascia tutto per salvare vite in mare, è chiaro che diviene scomoda ad una coscienza collettiva che invece predilige lo stereotipo del vent'enne nullafacente buttato sul divano di casa, con il reddito di cittadinanza, in attesa perenne di un lavoro, con il telefonino in mano. E' di troppo, perché non soltanto è sgradito il suo atto di libertà nell'affermazione dei diritti umani, è di troppo anche e soprattutto perché è il giudice di un'ipotetico esame di coscienza che avrebbe come esito un risultato inevitabilmente negativo.
"Te lo meriti *Matteo Salvini* ", parafrasando male Nanni Moretti, ed è proprio così, ce lo meritiamo.
"Perché la preoccupazione di queste misere creature non è soltanto di trovare un essere a cui questo o quell’uomo si inchini, ma di trovarne uno tale che tutti credano in lui e lo adorino, e precisamente tutti insieme. E questo bisogno di comunione nell’adorazione è anche il più grande tormento di ogni singolo, come dell’intera umanità, fin dal principio dei secoli. È per ottenere quest’adorazione universale che si sono con la spada sterminati a vicenda."
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