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Politica: costi e casta. Leitmotif di un’Italia fragile.

  • Immagine del redattore: IL PAMPHLET
    IL PAMPHLET
  • 9 ott 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Di Michele Messere


Da oggi è legge la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari. Cosa significa? Significa che dalla prossima legislatura ci saranno 1/3 di parlamentari in meno rispetto a quanti ce ne sono ora. Il mondo a cinque stelle esulta per la realizzazione di una battaglia che nasce agli albori del movimento stesso: la lotta ai costi della politica, slang questo stuprato quotidianamente da dieci anni a questa parte.

Ma siamo sicuri che questa sia la giusta strada del risparmio? Analizzando i costi benefici si è davvero sicuri che questa sia una vittoria?


Avrete sicuramente sentito, nei giorni passati, che l’Italia è seconda in Europa per numero di parlamentari. Argomento questo utilizzato a sostegno delle tesi a favore del taglio dei parlamentari. Ecco qui, avrete pensato, siamo i soliti spreconi. Dunque ben venga ridurre il numero. Come se fossero le classifiche a giustificare l’operato di un governo. E quindi da secondi, con la riforma si passa a quinti. Molto meglio, direbbero i favorevoli, tirando poi un sospiro di sollievo.

Ma in realtà la matematica è un’arma a doppio taglio. È facile sbandierare i numeri, difficile è comprendere che essi nascondano sempre dei significati intrinsechi alteranti. Dire che siamo tra i paesi con più parlamentari può sembrarci scomodo, proviamo però a condire questo dato con la statistica demografica (questa sì nostra alleata) e la percezione magicamente si ribalta: con l’entrata in vigore della riforma ci sarà 1 parlamentare ogni 100.000 abitanti, diventando così l’ultimo paese in Europa per tasso di rappresentatività. Questo dovrebbe essere preoccupante!

Diminuire il numero dei parlamentari significa svilire il ruolo politico del cittadino, significa abbassare ancor di più il volume della sua voce. Avremo meno rappresentanti, quindi le nostre richieste avranno un minor peso specifico. Per contro, il potere va tendenzialmente a condensarsi maggiormente nelle mani di pochi. Nonostante questo si parla di vittoria della democrazia. Forse sono io l’incapace a questo punto.


Non so voi, ma io di rappresentatività ne ho sentito parlar poco in questi giorni.

E invece il fulcro sta tutto qui, in questa parola: RAPPRESENTATIVITÀ. Pensate che fessi i nostri padri costituenti! Decisero di stabilire il numero di parlamentari in rapporto con la popolazione italiana. (art.56 terzo comma). Si era stimato che i parlamentari dovessero essere 945 perché gli Italiani erano 48 milioni. Logica vorrebbe quindi che con l’aumento demografico siano aumentati anche i rappresentanti del popolo. E invece con la riforma di oggi diminuiscono. Per altro senza fare troppi calcoli. Fare calcoli è da stupidi, si perde tempo, e quindi “leviamone 1/3 e stiamo apposto”. Basta un po’ di sano pressappochismo condito con un bel po’ di demagogia per stuprare l’opera dei nostri padri costituenti.


Sfortunatamente l’animo bigotto di un’Italia fragile viene ancora una volta distorto, e si fa legge. Una legge che non nasce da anime colte, ma al massimo da spiriti intestini. Lo stimolo delle budella che si fa cervello e detta regole. Nulla di nuovo insomma, in un mondo che mi sta sempre più stretto e di cui comprendo sempre meno le logiche. Purché si possa ancora parlare di logiche.


Che poi, si parla di abbattimento dei costi e alla fine si risparmia lo 0,006 % della spesa pubblica. È come se un operaio che non arriva a fine mese decidesse di ridurre la propria spesa mensile di 1 centesimo per cercare di rientrare. Ditemi quello che volete, ma a me tutto sembra questa fuorché una vittoria del risparmio. Ma forse, ancora una volta, sono io l’incapace.


La percezione, questa si grave e mortificante, è che l’esorcizzazione della politica si è spinta al limite, nel ritenerla un costo, un mero fardello. E a ciò siamo arrivati gradualmente, impercettibilmente, alimentati da una schizofrenica dimensione demagogica. E quindi ben venga tagliare: son meno costi, sempre che alla fine a rimetterci non siano proprio i “risparmiatori”.

 
 
 

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