Nella torre d’avorio di Pietro Nenni. L’intervista di Oriana Fallaci del 1971.
- IL PAMPHLET
- 27 apr 2020
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«Da quella torre d’avorio, che a intervalli era la sua casa di Roma e a intervalli la sua casa di Formia, usciva solo per recarsi in Senato. Lo avevan fatto senatore a vita, e aveva accettato la carica con molte esitazioni: lui che era stato sul punto di venire eletto presidente della Repubblica.»

di Michele Messere - Ieri sera leggevo in un libro pieno di tesori che è “Intervista con la storia” di Oriana Fallaci, la conversazione che lei ebbe nel 1971 con Pietro Nenni, padre costituente, leader storico del partito socialista. Lui ormai rinchiuso in se stesso e con non pochi rimpianti, come d’altronde accade a tutti gli uomini politici di grande statura, che collezionano i rimpianti soltanto quando l’esperienza politica volge al termine.
C’è un passaggio, molto lucido, che si rivelò uno straordinario monito per gli anni a venire, che vorrei condividere con voi.
Ammetterà che è difficile prender sul serio Valerio Borghese, anzi una dittatura con a capo Valerio Borghese.
Lei mi ricorda quanti, nella crisi 1920-22, dicevano: “Ma tu prendi troppo sul serio quel Mussolini! Dev’essere perché sei stato in galera con lui. Ma come vuoi che un tipo simile possa assumere il potere? Manca l’uomo per realizzare una dittatura in Italia!”. Cosa significa “manca l’uomo”? Non c’è mica bisogno di un tipo eccezionale per farne un simbolo di una situazione! Basta un esaltato qualsiasi, uno stravagante ritenuto innocuo, un vanitoso in cerca di successo. Mussolini, del resto, cos’era nel 1920 e anche nel 1921 e ’22? Aveva preso quattromila voti nelle elezioni del 1919: quattromila voti a Milano, la città che praticamente dominava dal 1913, quand’era divenuto direttore dell’ “Avanti!”. Era pronto a scappare in Svizzera, credeva più in questa ipotesi che in quella di recarsi a Roma per formare un governo. E invece si recò a Roma. Come io temevo. Perché sapevo che quando gli avventurieri, anzi i “condottieri”, agiscono in una società malata, tutto diventa possibile. Sicché è da incoscienti sorridere e dire dov’è-oggi-un-Mussolini, dov’è-oggi-un-Hitler. Lo si inventa un Mussolini, lo si inventa un Hitler. E per inventarlo bastano cento giornali che quotidianamente dicano “è un grand’uomo”, un papa che dichiari “è l’uomo della provvidenza”, magari un Churchill che affermi “è il primo dietro il quale sento una volontà italiana”. Come accadde per Mussolini. Non si può dunque inventare, allo stesso modo, un Valerio Borghese che è già principe e colonnello e affondatore di navi ed ex-comandante della Decima Mas? Certo che il suo mancato colpo ha l’aria d’essere la caricatura di un golpe: non si occupa l’Italia occupando Palazzo Chigi e la RAI-TV. Ammenoché non vi siano complicità all’interno dello Stato, per esempio l’appoggio delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine. Il che, oggi, potrebbe avvenire solo su scala molto ridotta e grazie e complicità al vertice dello Stato. Non dimentichiamo che Mussolini prese il treno solo dopo aver ricevuto il telegramma del re che lo invitava al Quirinale. Ma al Quirinale oggi non c’è il re, c’è Saragat. E, comunque, il punto da analizzare non è questo. È…
Un momento, senatore Nenni. Lei sta sostenendo una tesi terribile. Sta sostenendo che esistono analogie tra l’Italia del 1971 e l’Italia del 1922. È così?
Sì, in parte sì. L’Italia del 1971 non è l’Italia del 1922, ovvio. A quel tempo non conoscevamo il fascismo ed ora lo conosciamo fin troppo, né siamo disposti a subirlo una seconda volta. Però v’è un punto che presenta forti analogie tra l’Italia del ’71 e l’Italia del ’22: quello che prospettai al Senato quando ricordai che a perderci, nel 1922, non fu la forza offensiva del fascismo. Fu la debolezza della classe politica dirigente. Furono le divisioni meschine che smembravano gli uomini politici in gelosie, ripicchi, attese. Nessuno credeva alla minaccia. Ciascuno aspettava.
[...]
Senatore Nenni, lei ritiene giusto che il MSI sia in Parlamento?
No, non lo ritengo giusto.
Perché il MSI è nato con le caratteristiche di un partito fascista: accettarlo è stato un altro errore di noi italiani che non prendiamo mai le cose troppo sul serio. Sì, anche nel caso del MSI lo Stato democratico è venuto meno alle sue prerogative: non ha applicato la Norma 12 della Costituzione, non ha applicato nemmeno la Legge Scelba del 1952, la quale vieta esplicitamente il formarsi di organizzazioni o partiti che si riallaccino al fascismo. Comunque io do un’importanza relativa al fatto che in Parlamento ci sia un partito di tipo fascista perché vedo le cose in termini politici. I fascisti lei li può sciogliere quando vuole e come vuole: ciò non basta a sopprimerli. Per sopprimerli bisogna strappare le radici sociali, politiche, psicologiche che producono il fascismo. E queste radici non sono state ancora strappate in Italia: solo tagliate in superficie.

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