Piccola digressione
- IL PAMPHLET
- 11 ott 2018
- Tempo di lettura: 4 min

Ma guardatevi. Cercate il cambiamento, credete di crederci nel cambiamento. Ma cosa vorreste mai cambiare poi. Forse voi stessi? Forse nella segreta tacita e inconscia consapevolezza di non poter cambiare voi stessi internamente, vi aggrappate all’ideale del cambiamento dell’esterno. Ideale che non ha bandiera o credo politico, ideale neutro, quindi facilmente adattabile alle varie correnti di pensiero politiche. E sempre nel vostro inconscio pensate che convenga aspettare. Ma si, che cambino prima le cose al di fuori, poi qualcosa cambierà anche all’interno di noi stessi. Quel ‘’poi’’ tipico della mentalità italiana. ‘’Poi facciamo’’, ‘’Poi vediamo’’, ‘’Poi diciamo’’…Tutto poi, tutto dopo.
‘’Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi’’, diceva mia nonna. E’ chiaro che oggi non si ragiona più allo stesso modo. Mia nonna però, veniva da un costume diverso. Lei, loro, i nostri nonni il ‘poi’ non potevano permettersele. Se avessero ragionato con il ‘poi’, l’oggi non ci sarebbe stato. Loro dovevano sbracciare sui campi ogni giorno per poter vivere.
Oggi no, tutti pigri. Una nazione di pigri. Basti pensare soltanto al fatto che ci si aggrappa all’ideale di cambiamento per la sola idea che nell’amalgama di persone ci sarà qualcuno che cambierà le cose. Ci si mette dunque in fila in attesa del cambiamento, ci si professa come ‘coloro’ che vogliono cambiare, e il più è fatto. Poi se qualcuno al posto nostro cambierà le cose è bene, altrimenti peggio per tutti. Nell’impossibilità di un cambiamento vero come processo interno alla propria persona, si crede nel cambiamento esterno come veicolante per il cambiamento interno. E questa tendenza socio-psicologica è stata compresa astutamente da alcuni prima di altri. Gli esponenti dell’attuale governo ci hanno poggiato le loro campagne elettorali, passando dal non avere nulla al sedere sulle poltrone più alte del parlamento per il sol fatto di essersi professati a favore del ‘cambiamento’.
Ma quindi oggi questo cambiamento c’è? Si è realizzato? Si sta realizzando? Non penso. Al massimo si può riscontrare una regressione di pensiero collettiva, utile soltanto a giustificare ed auto-assolvere la chiusura mentale: aumento di pregiudizi, discriminazioni razziali. Eccola una società che implode, ne state osservando il fenomeno in diretta. E’ come se le persone del mondo intero si siano fermate a guardarsi nello specchio e si siano dette ‘’ Ma dove stiamo andando con tutta questa iper connessione, con tutta questa globalizzazione’’, e da lì in poi l’istinto animale del chiudersi nella propria tana. Ecco la fragilità dell’uomo contemporaneo che prende forma. Ma questo è il giusto cambiamento? Vi ci sentite bene all’interno di questo cambiamento? E’ giusto che vi poniate questa domanda.
Già vi vedo, spaparanzati sulla poltrona di casa vostra dopo cena che vi mettete a guardare Luigi Di Maio in tv e contemporaneamente vi tranquillizzate pensando che il più del lavoro è già fatto, che il grande cambiamento sta avvenendo attraverso il vostro bel voto e che Luigino o chi per lui lo stanno concretizzando al posto vostro quel cambiamento. Sappiate che non è così. Non ci sarà nessun cambiamento. E posso riportare già degli esempi: L’ilva di Taranto, baluardo del cambiamento in campagna elettorale, e il pezzo di carta straccia con cui sembra essersi chiusa la vicenda, che alla fine è valso 800 posti in meno rispetto all’accordo precedentemente fatto dall’ex ministro del lavoro Calenda.
O anche le false speranze riguardanti i fondi (inesistenti) per la creazione delle manovre sul def, per l’eliminazione della riforma Fornero o per il reddito di cittadinanza (quei miliardi non esistono e non esisteranno mai).
(piccola digressione) Ma scusatemi, santo dio, ma credete che con tutta la pigrizia che c’è in giro possa essere il reddito di cittadinanza il giusto cambiamento? Lasciamo perdere l’aspetto economico, parlo dell’aspetto ideologico: credete che idealmente possa essere il reddito di cittadinanza il cambiamento utile?
Se non avete abbastanza coraggio per rispondere, rispondo io: NO. L’unica cosa che afferma il reddito di cittadinanza è ciò che ho detto pocanzi: GLI ITALIANI SONO UN POPOLO DI PIGRI. Ammocconi, spaparanzati sui propri divani, in cerca di qualcuno che possa sbrigare le faccende al posto proprio.
Avete soltanto messo il nostro paese in mano a:
-un ragazzino di trent’anni che si fa gestire come un robot dalla Casaleggio associati, azienda che come tutte le altre cerca soltanto di vedere un utile sul bilancio e che dunque sicuramente non farà l’interesse del popolo;
- un frustrato che fino a qualche anno fa non sapendo con chi riprendersela cantava ‘’Vesuvio lavali col fuoco’’, e che oggi se la prende con il ‘negro’ di turno, soltanto perché ancora non riesce a capire il modo con cui prendersela con se stesso. Evidentemente un bamboccione con un forte complesso di inferiorità.
- Un ministro con la fantasia che va troppo oltre e che si immagina un mondo di zucchero filato in cui i ponti siano parco giochi.
- un avvocato che si è spinto troppo oltre che non riesce ancora a comprendere bene che tipo di ruolo ha nella società (e la società viceversa ancora non capisce quale sia il ruolo dell’avvocato in questione.
Sapete ciò che servirebbe? Il VERO cambiamento. Il cambiamento di se stessi per migliorare la società. Non la speranza che cambi la società affinché possa cambiare anche il nostro modo di ragionare. Ne ho viste fin troppe di ipocrisie, di persone che professano il ‘cambiamento’ per poi superare la signora anziana alla fila delle poste. Persone che si dicono stufe dei ‘politici corrotti’ che poi trovano sempre il modo di fregare il prossimo. Di persone che si lamentano dei favoritismi e poi vanno dal consigliere comunale che è ‘’l’amico del figlio dello zio di mia moglie’’ solo per mettere una buona parola per il proprio figlio. O chi professa il cambiamento per guadagnare una poltrona da cui poter mettere la propria madre in una casa popolare (ogni riferimento NON è puramente casuale, cara Paola Taverna).
E sapete cosa mi dispiace di tutto questo? Che questo è il futuro che io e i miei coetanei ci troviamo ad ereditare.
Michele Messere
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