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Flower Injections: il commento alla prima serata

  • Immagine del redattore: IL PAMPHLET
    IL PAMPHLET
  • 5 feb 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

di Michele Messere - Punte di televisione inarrivabili? No di certo. Certo è però che la prima di Sanremo non è stata un bluff. Ha dato ciò che ci si aspettava, forse qualcosa in più, ma nulla di trascendentale. Trascendentale no, ma trascendente sì, stando all’esibizione di Achille Lauro, che per più di qualcuno è stata una vera e propria ostensione. Questo, il ritorno di Beppe Vessicchio, l’attenzione alla tematica della violenza di genere, hanno assicurato una prima serata riuscita.


Comincia Fiorello. A lui l’arduo compito di rompere il ghiaccio. E lo fa scherzando, con indosso la tunica di Don Matteo. La sua comicità non è più irriverente come prima, purtroppo, ma ci sta, deve accontentare tutti, e lo fa bene. Sarebbe lapalissiano dire che Amadeus è impacciato. Ne esce vivo degnamente. Un po’ ingessato, ma lui in fondo è così. Meglio Favino? Dai basta con le frasi trite e ritrite. Cominciano i giovani: passano Leo Gassman e Tecla (quest’ultima che a sorpresa batte i favoriti dei bookmakers, gli Eugenio in via di gioia). Tiziano Ferro che “sorpresa!” canta “Nel blu dipinto di blu”. Tra i big bisogna dividere la serata: c’è un prima Achille Lauro e un dopo. Perché è lui che ha rubato la scena a tutti gli altri Big con un’apparizione mistica che più di qualcuno ha già inteso come un’ostensione. C’è un riferimento voluto a San Francesco, forse anche un po’ paraculo. Ma quest’è: Lauro sa come attirare i fari su di se. Un oltraggio presentarsi nudo a Sanremo? Assolutamente no, casomai la più grande dedica al menefreghismo mai fatta da la su. E per questo noi lo amiamo. Il paragone con Bowie è azzardato ma forse rende l’idea. Non vedevamo un artista italiano così internazionale dai tempi dei trasformismi di Renato Zero. Degne di nota le performance di Gualazzi, che con maestria unisce generi e sul palco porta un cocktail di Blues, Funk e Samba. Ma anche il rock troneggiante di Irene Grandi. E non da meno Rita Pavone, che meraviglia e lascia attoniti. Mentre scendeva le scale come una Zombie il giudizio sembrava inevitabile, giudizio completamente ribaltato nel corso della sua esibizione: pagherei per avere un’energia così compiute 74 primavere. Un bagliore crepuscolare che ci illumina per qualche istante. Resiliente, come il titolo della sua canzone. Solidarietà per Diodato, che sembra portare un buon brano sul palco, ma l’interesse nei suoi confronti soffre della performance di Achille Lauro, che lo ha preceduto. Da risentire. Le Vibrazioni e Masini non entusiasmano. Alberto Urso suscita domande esistenziali sul senso della musica. Elodie canta molto bene un brano difficile da intonare, il pezzo non è un capolavoro ma occhio che farà tremare le aspirazioni al podio di tanti suoi rivali. Riki ha un bel visino, cos’altro può dirsi? Ah! Che non dovrebbe gareggiare nei Big. Bugo e Morgan, ma anche solo Morgan, bravi: L’elettronica sul palco di Sanremo non è mai scontata. E infine Anastasio: come mi sento? Disinnescato. Come recita la sua canzone. Aveva un testo che non poteva sprecare, e invece lo ha fatto, mettendogli da cornice un arrangiamento rock poco funzionale.

Albano e Romina dobbiamo citarli? Anche no, passiamo avanti. Tiziano Ferro ritorna sul palco per altre due volte. Una delle due per cantare Mia Martini: il giudizio di molti sarà lapidario, io invece dico della sua come una performance magistrale. Dovremmo accantonare il dogma dell’intoccabilità dei “santi” della musica italiana: un’iconoclastia sterilizzante.

Quelle che prima erano vallette, oggi sono giornaliste qualificate. Ma i loro monologhi non lasciano attoniti. Uno, quello della Leotta, inconsistente, l’altro, quello della Jaebreal, banale e retorico, con tanto di “Te voglio bene assaje” da sottofondo sul finale che lascia intravedere quel sentimento di un’italianità stereotipata che nulla c’entra con il momento. Tentativo maldestro di televisione strappalacrime.

Se questa prima puntata fa strike sul tema della violenza di genere è grazie ad un altro momento, quello di Gessica Notaro. Molti di voi già dormivano quando sul palco si è esibita l’ex miss sfregiata dall’acido, che ci ha aperto alle fessure del suo strazio, dalle quali si è intravista una luce purissima. Un momento davvero potente. Forse il migliore della serata. Dispiace sia stata messa nella seconda parte di serata.

Cosa può dirsi dello show nel suo complesso? Un po’ ingessato, come del resto accade ad ogni prima serata del Festival. Le premesse per un buon festival però ci sono.

 
Le pagelle:

Irene Grandi 7 Masini 4 1/2 Pavone 8 Vibrazioni 6 Lauro 9 Diodato 7 Anastasio 7 Elodie 6 1/2 Bugo Morgan 6 1/2 Alberto Urso 1 Riki N.C. (non è questa la sua categoria) Gualazzi 8


 
 
 

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