Domenica 3 Marzo, il punto della situazione sulle primarie del Partito Democratico
- IL PAMPHLET
- 1 mar 2019
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 2 mar 2019

Il 3 Marzo è ormai alle porte. Domenica si vota nei 7000 gazebo per le primarie del partito democratico. Il risultato? Inutile fare pronostici, sarà abbastanza scontato.
Ciò che rimane da capire è cosa accadrà dal 4 Marzo in poi.
A correre sono in tre: Zingaretti (l'anti renziano), Giachetti (il renziano), Martina (il neutrale). Una corsa alle primarie mai quanto stavolta passata in sordina. Non soltanto per l'esorcizzazione esasperata proveniente dal basso dei ceti popolari, da cui ne è derivato un inevitabile disinteresse, bensì anche perché di soldi per la campagna comunicativa e propagandistica ne sono stati sborsati molti meno rispetto alle scorse primarie: dai 600mila euro di allora (di cui 130mila soltanto per il ''treno di renzi''), agli attuali 100mila. Insomma, ci hanno puntato molto meno dagli stessi vertici, evidentemente perché del drastico scivolone elettorale del 4 marzo scorso non ne hanno risentito soltanto gli alti vertici e le personalità influenti, ma ne hanno risentito le stesse casse di via del Nazareno.
La situazione è quanto mai caotica: un partito che sta cercando di ''rinnovarsi'' da più di un anno ormai, un partito che ha rivoltato case intere per cercare di meditare sul perché di una così diffusa diffida popolare, ma niente, a distanza di un anno non sono riusciti a scovare nemmeno un ''uomo nero'' sotto il letto (...uomo nero...hihi). Caotica, disordinata, scompigliata la situazione, aggravata dai tanti sassolini nella scarpa che il partito si è lasciato, così tanti che Jovanotti e la sua 's' moscia andrebbero in tilt nel cercare di numerarli (primo ''faffolino'', secondo ''faffolino'', terzo ''faffolino''....ecc ecc).
Nel frattempo lo stesso universo di sinistra sembrerebbe quanto mai sciupato e disorientato, a partire dalle analisi de ''LaRepubblica'' uscite stamattina sul confronto fra i 3 candidati: un soffermata ed attenta analisi volta a creare le pagelle del confronto (come si farebbe a Sanremo), soffermata ed attenta, sì, ma al modo in cui vestivano i 3 esponenti. Il look di Giachetti? Ni, per LaRepubblica il look lascia perplessi. Martina? Sembra uno scolaretto. Zingaretti? Beh, ci sa fare: camicia botton down, giacca di tweed. Ah dimenticavo ! Le polacchine! Clarks obviusly. Insomma, pronto per l'intervista su 'Vanity Fair'.
Ed ecco che mentre LaRepubblica tesse le fila comunicative del discorso soffermandosi su particolari discutibili, attorno c'è un mondo intero di sinistra, che di sinistra sembrerebbe non volerne sentire neanche la 's'.
Il futuro? Per ora anch'esso di poca sostanza, toccarne la materia sarebbe un'impresa al di fuori di ogni aspirazione umana, non resta che sperare. Ma nonostante la mazzata del 4 marzo, nonostante il dibattito pre-primarie fin troppo pacato, nonostante i numerosi dubbi sulla figura quarta, su cui si sono stese pergamene sul modo in cui avrebbe fatto saltare in aria tutto (parlo di Mr. Bean, ovvio), il partito democratico, riprendendo l'espressione scritta un paio di mesi fa su questo blog da Carlo Scasserra, resta l'unica Casa Possibile.
Il Pd vive costantemente con la falce della morte sulle spalle. E proprio perché moribondo può essere finalmente ricreato da capo,dal basso, per essere davvero quel grande utopistico progetto del 2007.
E' vero, di elettori il partito non ne ha traditi ben pochi. Politiche di centro sinistra trasformate in politiche d'elite, d'aspirazione neo-liberista. Ma oggi tutto ciò può cambiare. E non si tratta di astrusità, vedete, la scelta radicale rimane ora soltanto una. Scegliere fra un partito moribondo e il nulla. Che poi moribondo non lo sarebbe più se l'uomo di sinistra ci si riconoscesse senza avere paura. Ecco si, paura, quella che ha caratterizzato quella grossa fetta di cittadini di sinistra ancora esistente nel nostro paese, ma che ha iniziato ad avere paura di dire di riconoscersi nei Dem, dunque d'essere di sinistra. Ed è questa stessa direzione che ha portato all'ascesa della dittatura 2.0, che ci striscia accanto,in sordina (ma neanche tanto), quotidianamente.
Siamo arrivati dunque al bivio, scegliere d'essere coscienti o autolesionisti, scegliere di riconoscersi sotto un'unico tetto esistente, ma pericolante, oppure scegliere di continuare una disgregazione fino a data da destinarsi, aspettando un nuovo messia, un Renzi 2.0 (quello dell'ascesa intendo), capace di far risvegliare le coscienze.
E la responsabilità non può essere che nostra, sempre nostra, sempre di noi cittadini. Cittadini che si sono svegliati troppo tardi mentre nel pd si innestavano politiche in contrasto ai ceti meno abbienti. Responsabilità nell'essersi disgregati ed aver permesso l'ascesa dei serpenti della dittatura 2.0. Responsabilità futura, se continueremo a credere che l'unica vera scelta debba essere drastica e debba prevedere la fine del partito democratico.
Ora non possiamo permetterci d'essere autolesionisti. Soprattutto se si considera che alle porte dell'estate del 2019 ci sarà la più incidente tornata elettorale europea degli ultimi vent'anni, con cui si avrà la scambievole possibilità di scegliere fra un futuro bianco oppure un futuro nero. Sopratutto se si considera che è giunto il momento di porre un argine all'ondata d'odio urlando a squarciagola ''IO NON SONO COSI' ''.
Abbiamo il dovere morale, etico e civile di essere una volta per tutte duri nel contrasto al razzismo. Abbiamo il dovere di entrare a gamba tesa nel dibattuto sull'immigrazione, con la stessa intensità con cui ci si approccia la Lega, ma con ideali opposti e contrari.
E l'unico modo istantaneo per produrre in tal senso sarà riconoscersi in un'unica grande casa che non può che essere il Partito Democratico, perché c'è già. Altrimenti resteremo in attesa per un lungo, lungo tempo.
Dunque, domenica, dovremo andare ai gazebo, dovremo votare, per dare un'immagine unitaria di un'Italia che esiste e resiste.
Michele Messere
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