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Cronache elettorali dalla provincia.

  • Immagine del redattore: IL PAMPHLET
    IL PAMPHLET
  • 24 mag 2019
  • Tempo di lettura: 2 min

di Mordecai Levi



Amo la provincia: aria pulita, petrose vie che sanno di casa, e quell’inconfondibile e deciso odore di monotonia. Lontano dalle grandi città è più facile fermarsi ad osservare le persone, sarà perché, in comune accordo con l’ambiente circostante, anche gli uomini e le donne sembrano andare a rilento in un clima surrealista e ameno.

Passano gli anni e tutto rimane profondamente uguale, noi provinciali abbiamo ricevuto dalla nostra terra il dono dell’atarassia, scolpita nel dna è la più profonda rassegnazione gioviale, immune ai più grandi sconvolgimenti della storia. Le abitudini cambiano, così come i venti, ma non il modo in cui vengono affrontate. Nella provincia, nel mio fazzoletto di terra noto (ma nemmeno tanto) con il nome di Molise l’eccezionale diventa la prassi.

Se ad un forestiero, incuriosito dalla descrizione, venisse in  mente di osservare direttamente la vivace interpretazione Democritea dei miei concittadini e, dunque, mi chiedesse quale periodo potrebbe rivelarsi più proficuo ai fini della ricerca antropologica non avrei dubbi: la campagna elettorale.

L’osservazione più immediata che si potrebbe trarre è che il Sannio non è post-ideologico, le ideologie non ci sono proprio mai state. La vicenda dei “cambi di casacca” avvenuti in vista delle elezioni amministrative al comune di Campobasso ha ottenuto grande risalto sui social e ha proiettato il capoluogo molisano in cima ai  trend-topic settimanali con grande meraviglia però di chi quella situazione la vive da anni.  I professionisti del trasformismo, gli artisti del salto della quaglia non sono dei traditori ideologici, ma finissimi strateghi politici! Ogni cinque anni vedono aumentare in modo esponenziale la fiducia degli elettori nei propri confronti e, dunque, i consensi.

L’ esodo verso il centrodestra è cominciato all’incirca un paio di mesi fa, quando buona parte dei consiglieri di maggioranza e dei membri della giunta Battista (centrosinistra) è stata folgorata sulla via di Damasco in chiave conservatrice-sovranista. Basti pensare che le undici liste che nel 2014 si schierarono con il sindaco uscente sono oggi ridotte a tre.

Poco importa se dall’Italia dei Valori sei passato ai Popolari per l’Italia, se il tuo percorso con i Socialdemocratici di sinistra ha trovato il suo naturale prosieguo nel motto prima gli italiani o se la tua militanza nei movimenti giovanili di estrema destra ha visto il giusto compimento nel programma del movimento 5 stelle.  

Bisogna essere onesti però, la logica che porta alla più ovvia conclusione di matrice clientelare sembra essere inattaccabile, eppure sono convinto che non sia l’instaurarsi di un meccanismo di vassallaggio il motivo che porta alla costante elezione dei soliti noti, quanto più lo scarso interesse per la cosa pubblica che trova la sua dimensione ideale nell’espressione del voto “per amicizia”. Compari, amici, conoscenti… sono loro la grande forza di una classe dirigente ristagnante avallata dal totale disinteresse per la politica: nei piccoli centri la competizione elettorale sembra più essere una gara di popolarità degna delle scaramucce da high school dei teen movie.

Forse ci salveremo un giorno, forse si comincerà a capire che il miglior governante non è necessariamente quello che si mostra più vicino all’elettore, non il quarterback del liceo, quanto più chi mette davvero le proprie competenze al servizio degli altri, magari anche prima dell’ego ipertrofico che sembra essere diventato una qualità indispensabile all’azione politica.

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